Month: May 2020
I Desideri Solidali di Gennaro: il piccolo dono di un nonno a nome del nipotino appena nato
In occasione della nascita del suo primo nipotino Leonardo, Gennaro Ardis, da anni nostro volontario e sostenitore, ha scelto di trasformare il suo momento di felicità in un gesto d’amore per i bambini meno fortunati.
La storia con Mission Bambini: un modo per restituire, insieme
Gennaro si è avvicinato alla nostra Fondazione nel 2006, grazie ai racconti e alla testimonianza di sua cognata, che già da anni ci sosteneva: “Ero da poco andato in pensione e per la prima volta avevo a disposizione tanto tempo da dedicare alla mia famiglia, ma anche a nuovi interessi da coltivare. Sentivo soprattutto il bisogno di fare qualcosa per restituire ciò che nella vita ho ricevuto: sono consapevole di essere stato fortunato, perché a me e alla mia famiglia non è mai mancato nulla, ma non tutti hanno la stessa opportunità.”
È così che Gennaro è diventato un nostro volontario, è così che è iniziata la nostra storia insieme, per dare un aiuto concreto ai bambini in difficoltà: “Al solo pensiero di poter essere d’aiuto ai bambini meno fortunati mi sono sentito bene, pieno di energia e di voglia di offrire il mio contributo! Da quel momento sono passati 14 anni: un periodo durante il quale ho potuto conoscere in maniera approfondita e apprezzare tutte le iniziative organizzate dalla Fondazione per aiutare i bambini più poveri e fragili, in Italia e nel mondo.” Un periodo durante il quale Gennaro ha ricevuto in dono anche nuovi amici, “volontari che, come me, hanno messo a disposizione il proprio tempo e le proprie energie per restituire un sorriso ai piccoli meno fortunati.”
I Desideri Solidali: trasformare un momento di felicità in cibo e cure mediche per i bambini più fragili
Il 7 gennaio 2020 Gennaro ha ricevuto un altro dono, ancora più bello: sua figlia Ilaria ha partorito Leonardo, il primo nipotino!
“Per me e mia moglie è stato un momento di grande felicità e di grande emozione. Tenere in braccio Leonardo mi ha ricordato ancor più da vicino quanto i bimbi sono piccoli, fragili e di quante attenzioni hanno bisogno.”
Ed è stato proprio in quel momento che, con una morsa al petto, Gennaro non ha potuto fare a meno di pensare ai bimbi che la nostra Fondazione aiuta da 20 anni e che, senza il sostegno di tutti noi, non potrebbero avere cibo, istruzione e cure necessarie.
“A differenza di tanti altri bambini, che vivono in condizioni di povertà e disagio, Leonardo è molto fortunato: è amato, circondato da persone che se ne prendono cura, offrendogli tempo e attenzioni. Questo pensiero mi ha spinto a voler fare di più per chi è meno fortunato e così ho deciso di acquistare i Desideri Solidali: un piccolo dono, a nome di Leonardo, per i bimbi più bisognosi.
Da nonno scegliere i Desideri Solidali mi è davvero sembrato il regalo più bello che potessi fare al mio nipotino: mi ha permesso di trasformare la nascita di Leonardo in cibo e cure mediche per i bimbi più fragili, insomma in un gesto d’amore per chi è meno fortunato.”
Scegli il tuo Desiderio Solidale!
Anche tu puoi realizzare il desiderio di un bambino in difficoltà!
Scopri come visitando la sezione dedicata sul nostro sito.
Il racconto di Suor Daniela: dalla difficoltà può nascere una nuova forma di vicinanza, per aiutare davvero
La realtà degli ultimi mesi, caratterizzati dalla gestione dell’emergenza Covid-19, ha toccato da vicino tutti noi: le nostre abitudini sono cambiate, abbiamo dovuto adattarci a una nuova quotidianità. Così ha dovuto fare anche Suor Daniela, da tre anni volontaria dell’Associazione Talità Kum di Librino: con noi condivide le sue riflessioni su che cosa significhi stare vicino alle famiglie più in difficoltà in un contesto trasformato dalla pandemia.
Essere volontari in tempo di pandemia: una rivoluzione per restare vicini ai bambini e alle loro famiglie
“Nell’ordinario mi occupo dei bimbi del nido 0-3 anni e delle loro famiglie”, ci racconta Suor Daniela. “Una mia giornata tipo si svolge così: alle 7.30 esco di casa per andare in sede e preparare ambiente e materiali per i bimbi, perché prendersi cura di qualcuno comincia dall’accoglierlo in uno spazio bello. Alle 8.00 arrivano i primi bambini e per le 9.30 siamo al completo! Possiamo allora cominciare le nostre attività: giochi, storie, musica, attività motoria, laboratori creativi, merenda, cambi, gioco libero… tutto fino alle 14.00 e poi tutti a casa, per godersi mamma e papà!”
Tutto questo fino al 5 marzo 2020, quando la routine quotidiana, sia dei grandi che dei più piccoli, è completamente cambiata. “Dall’oggi al domani niente è stato più come prima” – riflette Suor Daniela, che si è subito chiesta: “che cosa possiamo fare per essere vicini ai nostri bimbi e alle loro famiglie? Mente e cuore si sono messi in movimento: abbiamo preso contatto telefonico con tutte le famiglie, per far sentire loro la nostra vicinanza e accogliere da loro bisogni e fatiche di questo momento. Ci siamo resi subito conto che i bisogni primari sono i primi da soddisfare.”
Come far fronte dunque a queste necessità? Rivoluzionando la propria quotidianità per i bambini più fragili e per le loro famiglie.
“Alle 7.30 esco di casa, destinazione: supermercato! Arrivo e mi trovo davanti una lunga fila di persone che aspettano, a debita distanza le une dalle altre. Prendo un carrello e anch’io mi metto in fila: nell’attesa, osservo le persone, penso a come le nostre abitudini siano state stravolte e faccio scorrere nella mente le immagini delle famiglie per cui mi accingo a fare la spesa. Finalmente arriva il mio turno e nel frattempo sono passate quasi due ore.”
La ricerca di una nuova normalità: attenzione, cura, prossimità
Dalle parole di Suor Daniela emergono l’attenzione e la cura affinché ciascuno, pur nelle avversità, abbia un solido punto di riferimento e non si senta lasciato solo nella ricerca di una nuova normalità: “inizio a fare la spesa come se fosse mia, perché in questo momento mi faccio carico di queste famiglie con la stessa cura che ho per me o forse anche di più.”
“Il carrello si riempie in fretta di prodotti per l’igiene come pannolini, salviettine e creme, ma anche di prodotti alimentari quali omogeneizzati, latte e biscotti, e vado quindi a recuperarne un secondo”, prosegue Suor Daniela. “Questa situazione d’emergenza ha secondo me accresciuto la sensibilità della gente, lo percepisco anche nella disponibilità dei commessi del supermercato nei miei riguardi. Mi accorgo degli sguardi stupiti degli altri clienti, che osservano il mio carrello stracolmo e forse pensano: quante bocche da sfamare! La mia lunga lista è finita, pago e carico tutto in auto.”
Una volta a casa, Suor Daniela prepara le borse da distribuire alle famiglie, le contatta e fissa con loro un appuntamento davanti all’asilo. “Ogni incontro per consegnare la spesa è particolare, un’emozione grande: incontrare queste persone, provate da questo difficile momento economico, ridotte a chiedere aiuto per poter dare da mangiare ai propri figli, gli occhi lucidi e stupiti davanti alle borse della spesa, gli infiniti grazie… sono immagini impresse nel mio cuore ed è difficile trovare parole che esprimano in profondità l’emozione di quei momenti. Confesso che in alcune occasioni, venendo via, non sono riuscita a trattenere le lacrime”, ci racconta commossa.
“Per noi, e dico noi perché in questo servizio io sono stata lo strumento concreto, ma col cuore c’erano tutti gli operatori dell’associazione, non è semplicemente donare la spesa: è farci carico in pienezza di queste famiglie attraverso la nostra prossimità.
Forse non torneremo a breve alle nostre quotidiane abitudini, ma, come afferma in conclusione Suor Daniela, “la nostra carità creativa ci fa sperimentare nuove forme di vicinanza, fa nascere relazioni nuove e ci dà la possibilità di fare di questa difficoltà un’opportunità per aiutare davvero.
E anche tu, insieme a noi, puoi dare una mano a tante famiglie in difficoltà in questo momento di emergenza, per restare davvero #viciniaibambini.
La Giornata Mondiale dell’Infermiere: il racconto di chi resta sempre umano, sempre dedito alla vita
Il 12 maggio è la Giornata Mondiale dell’Infermiere e mai come quest’anno sentiamo il bisogno di celebrarla, insieme ai volontari del nostro programma Cuore di Bimbi: per ringraziare chi continua ad aiutarci a superare la difficile sfida contro il Covid-19, ma anche per raccontare, attraverso le parole di chi l’ha vissuta in prima linea, un’esperienza che ci ha profondamente cambiato.
Facciamo tesoro di questa esperienza, altrimenti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. Alessandro Crespi, infermiere volontario Cuore di Bimbi dal 2015
“Dire che cosa abbia significato vivere l’emergenza Covid-19 dal nostro punto di vista è un po’ difficile. L’impatto è stato fortissimo, inaspettato, devastante.
Gli echi (inascoltati), che giungevano da Oriente, ci hanno mostrato vulnerabili e impreparati. Però, non senza una bella dose di disorganizzazione, abbiamo tutti accettato la sfida e cominciato a fare la nostra parte, ognuno al meglio delle proprie capacità.
La pandemia ha agito un po’ da “livella”, come avrebbe saggiamente detto Totò: ha ridimensionato le priorità, mostrato la pochezza di ciò che fino ad allora avevamo percepito tutti come necessità. Ahimè, ha anche distolto l’attenzione dai problemi veri, rendendoli minimi, trascurabili: tutto il nostro lavoro, fatto fino a quel punto, è improvvisamente diventato procrastinabile. Vallo però a raccontare ai genitori dei bimbi con patologie congenite.
Noi nel frattempo ci siamo organizzati e barricati nei nostri fortini, i più fortunati nei castelli, con tanto di mura, torrioni e ponti levatoi; vestiti di armature e armati fino ai denti, abbiamo iniziato a combattere, a tentare di salvare tutti i feriti.
Non è stato facile.
Non lo è stato mai, anche prima.
Ma questa volta di più.
Lentamente il Covid-19 pare aver mollato la presa.
Tregua? Quanto durerà?
Noi usciamo lentamente dai nostri posti di combattimento certamente cambiati, consapevoli di saper fare squadra quando serve, percepiti un po’ meglio da chi ci ha visto lottare in prima linea, più forti di prima.
Spero solo che l’esperienza, paradossalmente meravigliosa, di vivere insieme tra le mura di un ospedale, di una rianimazione, ma anche di una casa, non vada gettata. Facciamone tutti tesoro, altrimenti, citando Blade Runner, Tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia.”
L’infermiere è là in trincea, in prima linea. Cinico quando serve, umano sempre, con forza-coraggio-amore. Maurizio Biella, infermiere volontario Cuore di Bimbi dal 2017
“Ognuno di noi esprime riflessioni in generale o dedicate alla propria realtà. Io non ne sono esente ed è giusto così.
Quotidianamente nelle nostre mani vengono messe delle vite. La responsabilità è grande, ma ciò non ci spaventa, anzi: le nostre mani aiutano il risveglio, il ritorno alla vita. Perciò voglio partire a ritroso, come si fa con la storia, che è poi lo spirito del nostro lavoro di ogni giorno.
Da anni mi occupo dei bambini cardiopatici. Quando ti lasci plasmare dalla fiamma della passione e della solidarietà, il tuo cuore abita nel mondo. E così, quando sei in terra straniera, ti accorgi di non essere uno straniero.
Il ritorno al sorriso di questi bambini, che è poi il sorriso che contraddistingue i bambini di ogni nazione, è il regalo più grande che possiamo ricevere. Chiara ci appare la loro storia meravigliosa, nella quale risiede la speranza di un nuovo futuro. Ed è una grande gioia vederli sorridere, correre e crescere. Siamo strumenti e testimoni del valore della vita.
È in questo scenario che si colloca il mio essere infermiere.
Un ruolo importante lo svolgono, con immensa dignità, le mamme dei bambini cardiopatici: sono loro che determinano lo scandire del nostro impegno attraverso l’espressione della speranza, della fiducia e della gratitudine, di cui abbiamo bisogno per continuare. Ci affidano la vita dei loro bambini: di fronte a questo immenso Amore il nostro cuore batte forte, nella consapevolezza che la vita è un valore incalcolabile.
Si tratta di bambini che, dopo aver perso tante battaglie, hanno vinto la loro guerra. Il riscatto è grande: riprendersi la vita.
Sì, perché noi ci tuffiamo nei loro cuori.
Ecco chi è l’infermiere: una persona che ha passione, coraggio, che si impegna, fa sacrifici, sostenuto nella propria professione da attitudini personali.
Infine, quando i tempi saranno finiti, l’uomo avrà scritto la sua storia anche nei cuori rattoppati di tanti bambini inviati dal cielo, testimoni nella quotidianità.
Poi arriva lui: il Covid-19.
Un mondo piegato sulle ginocchia. È forte, è agguerrito.
Confusione, teorie e riflessioni più o meno strampalate.
È il momento di rimboccarsi le maniche: il personale sanitario scende in campo, con o senza dispositivi di sicurezza individuali. Morti: tanti, troppi.
L’infermiere è là, in trincea, in prima linea. Cinico quando serve, umano sempre.
La sua divisa puzza. No, non puzza affatto. La scia che lascia parla di fedeltà alla professione; di dedizione alla vita, che protegge fino allo stremo; di capacità di accompagnare alla morte la persona che sta curando.
Ancora poi, in un angolino angusto, si rannicchia in solitudine, per poter lasciare… e preziose lacrime solcano il suo viso.
E ancora, con forza coraggio amore, riappare sulla scena per nuove primavere.”
Non scorderò mai i forti legami con i nostri pazienti: eravamo diventati in un certo senso il loro punto di riferimento, la loro famiglia. Ecaterina Baciu, infermiera volontaria Cuore di Bimbi dal 2016
“Da questa esperienza mi porterò per sempre dei momenti che non avrei mai voluto vivere, malgrado fossi consapevole dei rischi del nostro mestiere.
Non scorderò mai: gli sguardi impauriti dei pazienti, vedendoci comparire ricoperti con tutti i dispositivi; i nostri occhi pieni di lacrime, quando li vedevamo; i sorrisi durante le videochiamate con i loro cari; la ricerca della loro mano verso una carezza o il semplice contatto o il saluto, con la promessa di rivederci il giorno dopo. E purtroppo non scorderò mai quando, nonostante tutto il nostro impegno, non riuscivano a superare i momenti difficili.
Essendosi venuti a creare dei forti legami con i pazienti, eravamo diventati in un certo senso il loro punto di riferimento, la loro famiglia.
Le esperienze vissute durante le missioni organizzate dalla vostra Fondazione mi sembrano adesso dei ricordi molto lontani.
Confido nella ricerca per poter trovare la giusta cura contro questo mostro e per poter ritornare dai piccoli pazienti cardiopatici, che hanno tanto bisogno del nostro aiuto per poter guarire.”