Le nostre missioni all’estero: un ritorno tanto atteso

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Maria Torelli, nostra program coordinator per i progetti di educazione all’estero, è da poco tornata da una missione in Kenya. Si tratta del primo viaggio in epoca di pandemia, con l’obiettivo di monitorare i nostri progetti educativi di Bomet e Nairobi. 

 

Bomet e Nairobi: dove ci troviamo?

Bomet è il capoluogo dell’omonima contea, nell’ovest del Paese; il nostro progetto è situato a Chebole, una località distante qualche chilometro. I bambini che frequentano la scuola provengono da un’area molto vasta: alcuni la raggiungono grazie a uno scuolabus, altri hanno la possibilità di essere accolti direttamente nella struttura (a partire dai 10 anni) o presso la Laura Children’s Home (dai 3 ai 9 anni). 

Nairobi, la capitale del Kenya, continua ad essere una città economicamente molto in crescita. Maria ci racconta che le strade sono piene di cartelloni pubblicitari che invitano ad avviarsi verso un modello di maggior consumo, e i centri commerciali si stanno moltiplicando a vista d’occhio. La condizione dello slum di Donholm non è però ottimale: non è stata ancora portata l’acqua, e le famiglie continuano ad avere scarse risorse sia per contribuire ai costi della scuola che per mangiare. Le case costruite in lamiera e cartoni sono ancora affiancate alla discarica e alle fognature all’aperto, e la commistione tra persone e animali rende l’ambiente ancor più malsano. 

 

A Bomet, tutti a scuola!

Attraverso il racconto di Maria, andiamo a visitare il nostro progetto di Bomet. La prima struttura che incontriamo è la Laura Children’s Home, dormitorio maschile e femminile presso la casa della famiglia Bet – fondatrice dell’organizzazione nostra partner locale – che accoglie attualmente 12 bambini dai 3 ai 9 anni.

 

 

Ci spostiamo poi alla Mosop School, scuola dell’infanzia e primaria, con dormitori maschili e femminili, che accoglie 368 bambini. Mosop era il padre di Mr Bet, e il significato del nome è ‘un posto dove si può stoccare molto cibo’, e quindi, per estensione, un luogo di abbondanza.

La struttura della scuola è in muratura, ma con tetto in lamiera: “quando piove forte – ci spiega Maria – con le mascherine e il rumore della pioggia è molto difficile capirsi, anche a un metro di distanza”. 

 

 

La Mosop School, avviata da Mr. Bet, non offre solo educazione e cibo ai bambini che la frequentano, ma fornisce loro un modello di famiglia e di educazione che va ben al di là delle conoscenze scolastiche. Lo scopo del progetto è assistere e accogliere i bambini orfani, abbandonati o vulnerabili della zona, e offrire loro l’istruzione che meritano.

Dalla nostra visita alla scuola abbiamo appreso come alcuni ex studenti abbiano conseguito ottimi risultati lavorativi: c’è Petty, che è diventata una dottoressa negli Stati Uniti; Jeremiah, un ragazzo albino masai divenuto direttore di un centro medico; Ronnie, che dopo aver lavorato come addetto alla produzione di latte per procurarsi fondi per curare la madre sieropositiva, è oggi un infermiere.

Alcuni ex studenti hanno creato un’associazione, la Laura Children’s Home Alumni, e si trovano tutti gli anni, a maggio, per incoraggiare gli alunni attuali e svolgere attività di volontariato: quest’anno, causa pandemia, vi è stata solo una cerimonia veloce. Con il passare del tempo, come ci racconta Maria, tutti loro potrebbero diventare risorse preziose per la scuola e la comunità: ad esempio come supporto di un insegnante nella realizzazione di attività pomeridiane, per passare del tempo con i bambini, incontrarli durante i giorni di visita o fare piccoli lavoretti. Questo, anche col passare degli anni, li farebbe sentire ancora parte della famiglia della Mosop. 

 

Allontanandoci da Bomet, visitiamo infine la scuola di Kuresoi: ci vogliono circa quattro ore di auto per raggiungerla, e la strada è in pessime condizioni. È una scuola dell’infanzia e primaria che accoglie oggi 173 bambini, di cui alcuni orfani; la struttura, come la maggior parte delle case della zona, è in legno e con il tetto di lamiera, segnale del contesto difficile in cui vivono i bambini.

 

 

 

A Nairobi, istruzione per i bambini degli slum

Proseguiamo con l’ultima tappa del nostro viaggio, recandoci al Centro Mother of Mercy nelle due strutture che sosteniamo: la scuola dell’infanzia e primaria di Kariobangi, che accoglie attualmente 190 studenti, e la scuola dell’infanzia e primaria di Donholm, con 161 studenti. 

Il Centro ha l’obiettivo principale di garantire ai bambini delle baraccopoli e dei quartieri poveri un’istruzione di qualità, poiché l’istruzione per loro è l’unico spiraglio verso il futuro. A scuola gli studenti ricevono anche un pasto, il materiale didattico, il vestiario e l’assistenza sanitaria. 

 

 

La scuola è sempre di più un punto di riferimento per i bambini, e un terreno di scambio e socializzazione tra grandi e piccoli. “Un giorno – ci racconta Maria – nello spiegare il funzionamento di alcuni giochi recuperati nel magazzino della nostra Fondazione, mi sono ritrovata a fare insieme ai bimbi un puzzle da 500 pezzi. È stato interessante vedere quanto si sono appassionati non solo i bambini, ma anche le direttrici e alcuni insegnanti, che hanno pensato di poter utilizzare il puzzle come strumento di team building all’interno delle classi.”

 

È stata questa una missione tanto attesa dopo quasi due anni di pandemia; uno sguardo dal campo non solo con lo scopo di visitare e monitorare un nostro progetto, ma anche per toccare con mano la quotidianità vissuta dai bambini e dai ragazzi che risiedono in un Paese così lontano, ma che grazie a questo racconto possiamo sentire un po’ più vicino.